sabato 28 gennaio 2012

emergency room. tempo di lettura previsto 2'12"

susanna è tornata a casa.
susanna è la mia mamma, la mia mamma scassamaroni per l’esattezza.
ma tutte le mamme sono scassamaroni, dunque la precisazione è inutile.
insomma, susanna, la mia mamma è tornata a casa dopo cinque giorni di ospedale. mi ha fatto prendere un bello spavento, e credo che pure lei non è che si è proprio divertita. per la paura, certo, ma non solo. perché l’ospedale è una cosa tremenda che più tremenda non si può. e tutti i luoghi comuni che li riguardano sono tremendamente veri:
sono angoscianti? sì.
puzzano? sì.
funziona tutto più o meno male? sì.
si muore di caldo? sì.
ci sono i cazzi disegnati negli ascensori? sì.
quei cibi brodosi sono proprio così brodosi? sì.
e che infatti le genti si portano i cibi da casa anche se sono diabetici e simili? sì.
però c’è sempre qualcuno gentile che fa un fatto carino che ti sorprende? sì.
le infermiere sono quasi tutte grasse e con degli orecchini di una bigiotteria scadentissima? sì.
ci trovi signore un po’ strane che ti raccontano tutti i loro fatti e giovani donne ancora più strane che li stanno a sentire? sì.
e infatti, io.
io ho fatto amicizia con luisa.
luisa sembra un po’ una strega: capelli lunghi e disordinati con tipo otto dita di ricrescita, occhi spiritati, artigli affilati, sufficientemente sporchi con un residuo di smalto del 2008, credo.
ha 74 anni ma il corpo sodo: mi fa verificare di persona lo stato di tonicità delle sue cosce.
io non è che ci tenessi, devo dire, però pareva brutto non.
comunque luisa, il cui problema, oltre alla demenza, credo sia una cosa tipo flebite, è molto arrabbiata: dice che i nipoti la odiano tutti e non se ne spiega le ragioni. secondo me invece è perchè è stata una zia cattiva, parla sempre di soldi ed è tirchia. e poi dice che la nipote è brutta e grassa (un poco tiene ragione, maria peserà 164 chilogrammi al netto degli ori). 
abita a giugliano col figlio e la nuora. il figlio si chiama gaetano è del ‘55 ed è nato di 6,7 chili: ovviamente è figlio unico.
è vedova da cinque anni: tonino, il marito, oltre ad averle lasciato una buona pensione, era bello: per averne conferma mi fa vedere il ciondolo con la foto. non so se tonino tecnicamente sia un bello, immagino abbia avuto un suo pubblico, diciamo. comunque tonino, non per disprezzare, ma faceva l’ebanista. ma mica un ebanista qualunque, addirittura l’ebanista al comune di napoli.
luisa non  deve essere abituata all’idea di incontrare qualcuno che conosca il significato di questa parola, perché quando con entusiasmo le dico: ‘ah, chissà che bei mobili che avete a casa’ lei si fa rossa rossa, si commuove quasi e trova nella mia sapienza la ragione della mia bellezza.
l’attenzione e la cura con la quale la ascolto, uniti al fatto che so perfino cosa sia un ebanista, fa pensare a luisa che io sia una donna speciale, perfetta per suo nipote, e dopo essersi sincerata che io non sia vedova a mia volta, mi parla di questo bravo ragazzo ma sfortunato in amore, di cui, naturalmente, ho avuto il numero di telefono. dice che lo devo chiamare, se l’è fatto promettere.
se io e il nipote ci sposiamo lei fa venire a cantare pino daniele al matrimonio. dice che è zia anche sua. ma pure se mi sposo a un altro, siccome si vede che sono buona, lei a pino daniele me lo fa venire a cantare lo stesso. se però pino daniele non  mi piace posso far venire monica sarnelli, anch’essa nipote, ovviamente.
io veramente non ho intenzione di risposarmi, né penso che farò mai quel numero di telefono, però luisa, teniamoci in contatto, non si può mai sapere.