mercoledì 25 aprile 2012

volare, oh oh. tempo di lettura previsto 2'02"

non ho mai preso l'aereo da sola.
ho sempre fatto viaggi lunghi, meno lunghi, lunghissimi, ma mai senza nessuno nella cui carne affondare le unghie. perchè volare mi fa abbastanza paura.
terrore, è più corretto.
ed è inutile stare lì a sciorinare i soliti dati e le solite statistiche  e che l'aereo è  il mezzo di trasporto più sicuro e che l'aria se non lo sai è una superficie: mi fa paura lo stesso. perchè penso sempre che se gesù ci voleva fare volare ci faceva con le scelle. non è una teoria molto scientifica, mi rendo conto, ma mi sento comunque abbastanza in sintonia col suo ideatore.
però effettivamente con l'aereo in due ore stai a casa, è tranquillo, recuperi una giornata piena, magari incontri qualcuno carino che ti si siede accanto. basta poco per convincermi: pigliammece 'st aereo.
già lo start up, veramente, lascia un poco a desiderare: susanna sbaglia strada due volte (non per colpa sua, quello capodichino è segnalato veramente una mappina) e intanto nonna, anche se non la vedo che sta dietro, mi ci gioco una mano che prega.
mentre il timor panico di perdere l'aereo serpeggia nella nostra micra, una bella napulegna di 95 kg scarsi, pochi denti e molte dita di ricrescita, ci illumina il cammino e conquistiamo l'ingresso dell'aeroporto in un orario dignitoso.
al check-in sto solo io, una con lo smalto mangiato e uno steward idiota che non trattiene le rise quando -dopo avergli confessato il mio battesimo di volo in solitaria- gli metto in mano anche la tessera fedeltà della conad, per non sbagliare.
lo scherno continua quando gli chiedo il mio binario qual è.
devo dire però che dal check-in in poi sono una scheggia: becco il gate al primo colpo, mi muovo sciolta, vado in bagno senza che gli occhiali da sole mi finiscano nel cesso, caccio perfino un libro; insomma, sono molto credibile. anche il look è quello giusto: jeans che mi finiscono sotto le scarpe, t-shirt, golf, e uno zainetto che tipo non usavo dalla seconda media.
faccio la mia porca figura, insomma, peccato che accanto a me non sia seduto nessuno di carino.
veramente non è seduto nessuno proprio, in compenso, alleviano la mia solitudine un familiare afrore di pizza rustica e gli sms di chi sa accarezzare le mie paure.
in verità il sapore di casa  è evocato anche da un paio di premi nobel nelle ultime file che trovano molto divertente chiamare 'schettino' il comandante e che attaccano a miagolare quando si spengono le luci.
immagino saranno gli stessi che applaudiranno quando atterreremo.
solo dopo il decollo inizio a rilassarmi: io odio quell'accelerazione iniziale, cioè io quando guido non metto neanche la IV, per dire.
comunque mi rilasso, e mi rilasso al punto tale che caccio perfino il mio giovane i-pod (ovviamente non senza il sospetto di innescare un meccanismo di esplosione) e mi abbandono ai nouvelle vague.
in fondo un'ora e quindici passa in fretta: un occhio scettico fuori dal finestrino, uno ai miei compagni di viaggio, la gambe che formicolano, il ricordo di baci appassionati in un week-end pieno di sorprese, le signorine che passano e mi vogliono offrire un'aranciatina; ma io declino educatamente. ho i miei pavesini classe 1984, pare sia un'ottima annata.
sono le 22.47 quando atterro a torino e constato -non senza una punta di orgoglio- di essermela cavata molto dignitosamente.
mi sento pronta per mille nuove avventure.
viva.
in fondo si può diventare grandi anche da adulti, no?