ciao, certe volte vorrei che fossi ancora qui.
ancora una volta,
almeno una, per dirmi cosa devo fare della mia vita, darmi un indirizzo, un
cenno, un suggerimento. in fondo avrebbe dovuto essere tuo compito fornirmi
un’indicazione minima, tracciare un solco, per darmi modo di capire se le mie
scelte sono giuste o sbagliate, se i passi che compio mi porteranno lontano, se
ancora una volta ho preso la strada sbagliata e mi sono immessa in un vicolo
cieco.
e vorrei averti qui anche per riposarmi, ogni tanto. e’ faticoso fare
tutto da soli. e da soli assumersi la responsabilità delle decisioni, quelle
grandi e quelle piccole. mi appoggerai te e ti direi, avanti, guida tu,
affidandomi ciecamente. in fondo tu lo sai da prima di me quello che è giusto e
quello che è sbagliato, ero nella tua mente millemila giorni fa. e invece mi
tocca andare avanti da sola, un po’ a tentoni. e io detesto fare da apripista.
molte volte mi sono detta che sei stato un po’ egoista a volare via, che non ci
hai neanche voluto provare a rimanere, ad impegnarti, a portarlo fino in fondo
il tuo progetto. ma poi penso solo che sei stato solo un uomo perfettibile come
tanti, solo più stanco, più deluso, inconsolabilmente arrabbiato. e che forse
mi hai voluto regalare solo un po’ di leggerezza. e darmi la possibilità di
sbagliare da sola, cosa che peraltro mi riesce straordinariamente bene.
e
quindi eccomi qui, tanti anni senza di te che quasi non mi ricordo più la tua
voce, a chiedermi cosa mi diresti se ci fossi. ma per fortuna la genetica non è
un’opinione: e quel 50% di te che sono e che spesso detesto, ma che altrettanto
spesso trovo brillante e divertente, mi fa un po’ da guida. so per certo, ad
esempio, che avresti amato la mia rettitudine, il mio senso del giusto –il tuo
senso del giusto- il mio rispetto per ogni forma di vita. e che avresti
intimamente apprezzato, specchiandotici dentro, il mio sarcasmo, la mia
intelligenza, la mia fierezza. disapprovato i miei studi, ma stimato le mie
scelte lavorative, condannato la mia ostinazione, ma lodato la mia coerenza.
e
poi so che avresti detestato quasi tutte le mie amiche, galline. e i miei
fidanzati, quelli proprio tutti: ti è bastato conoscerne solo qualcuno per
capire come avrei orientato le mie scelte –cioè malissimo- e concedermi poco
credito in tal senso. qualcuno potrebbe dire che li avresti odiati perché mi
portavano via da te. no: erano veramente una roba inutile e perniciosa.
naturalmente avresti trovato orrendo il modo in cui mi vesto, volgare quello in
cui mi trucco, incomprensibile la necessità di possedere più di una borsa,
inutile il senso di appendersi degli orecchini ai lati della faccia, tu che
quando ti dicevo, vorrei uscire, mi aprivi il balcone della cucina. e io ti
odiavo, e non vedevo l’ora di liberarmi di te. ma quante poche cose si
capiscono a quindici anni. e non che dopo venti sia meglio: cambia la scena, ma
le parti restano le stesse: i fidanzatini sono sostituiti dai compagni, le
superga dai tacchi vertiginosi, il burrocacao al mirtillo dalle labbra laccate.
e si continua. a sbagliare, a farsi domande, a recriminare, a cercare di
scaricare le colpe su qualcun altro. ma non so perché, più passa il tempo, più
funziona sempre meno.