domenica 22 settembre 2013

un sabato qualunque. tempo di lettura previsto 3'32"

attraversati da una febbre che manco 'live at pompeii' ci imbarchiamo -io e un'altra manciata di disturbati mentali- per quello che si preannunciava, a ragion veduta, l'evento musicale dell'anno: lui ovviamente è gigione, il suggestivo scenario, il ridentissimo borgo di santantonioabbate che il noto motto popolare ricorda con 'sant'antuono ciente fessi e uno bbuono'. 
e ci metti giusto un attimo a capire perchè. 
dopo aver compiuto tutte le operazioni di rito (cena a base di panino con la salsiccia, acquisto delle fascette 'gigione tour') ci facciamo largo tra la folla per conquistare il sottopalco, ignari che, come per ogni eventone che si rispetti, fosse già occupato da tutto quel bel bouquet di carrozzine, stampelle, bambini di 95 chilogrammi, anziani che hanno perso gli incisivi nel 1978, pepp o 'o stuort, giggino 'o cecat', leggi 104 come se piovessero e tutta quella dolenza varia, che pure ti risolve una serata. 
dopo un'inspegabile intro jazz che ci scalda gli animi, il palco inizia ad accendersi: la prima ad aprire le danze è la dolce menayt, vagamente più morbida di quanto appaia nelle locandine, che ci ricorda -in rigoroso playback- il suo amore per il medio oriente con le note di sciarmelsceic, la nota località vacanziera già scenario della bella storia d'amore con un egiziano in cerca della cittadinanza italiana, diventato appunto, suo marito. 
segue, tra il delirio della folla, il cadetto della famiglia ciaravola, meglio noto come jo donatello che, unto come pochi, non esita ad incitare tutti i quattrenni presenti -che sono almeno il 30% del pubblico non pagante- a intonare con lui brani come 'ti piace il bombolone', ' leccalè', 'il gelatino', 'il calippo', un repertorio forse un po' monotematico, ma roba che 'il valzer del moscerino' a confronto, è per pivelli. 
non pago, il pubblico in visibilio gli richiede il suo brano più noto: 'pronto amore' un minuetto sentimentale in cui è impossibile non rintracciare l'influenza di luigi tenco. 
ed è proprio mentre l'untissima progenie scalda i cuori di tutti gli innamorati e le fiamme degli accendini salgono al cielo, che sento il mio respiro farsi più pesante, il petto affaticarsi, la gola stringersi. 
sarà l'emozione, mi dico.
chiedo aiuto a colui con cui ho la relazione più duratura di tutta la mia vita, il fido ventolin, sperando non mi deluda, come quasi mai negli ultimi trent'anni.
ma pure lui, si vede, comincia a voler prendere le distanze e anche nel suo reiterato utilizzo, non riesce a darmi il sollievo che cerco.
i minuti passano affannosi, e intanto sul palco è salito lui, the boss, camicia pezzata d'ordinanza e l'inseparabile berretto che non vede una lavatrice da almeno un lustro: è in una forma invidiabile per i suoi 65 anni, salta che manco mick jagger e infiamma un pubblico impazzito sulle note delle sue hit più famose, ascoltate, ama ricordare, in tutto il mondo.
ma si sa, il concetto di mondo è relativo, pure colombo si pensava che l'america era l'india, per dire.
in una raffinata alternanza di pezzi delicatamente equivoci, sentimentali, e rigorosamente mistici, gigione ci regala momenti di emozione pura, ma nulla riesce ad alleviare il mio bronco malato. 
sento che ho assai bisogno di un presidio medico di emergenza a caso, ma chi ce l'ha il cuore di intossicare la serata ai miei compagni di merende che intanto stanno pogando sulle note de 'la campagnola'?
attendo ancora qualche minuto, ma come già nella migliore tradizione dantesca, più che l'amor potè il digiuno (d'aria) e devo coinvolgerli, mio malgrado, nella ricerca di un medico o di un facente funzioni, che mi aiuti almeno a non camminare sui gomiti.
acchiappa la guardia medica, cerca la guardia medica, piglia la guardia medica, ci imbattiamo in uno scrupolosissimo medico, la cui mamma credo sia registrata su tutti i cessi degli autogrill della napoli-pompei che, incapace perfino di attaccarmi ad una bombola di ossigeno, ci manda direttamente a castellammare, ad appena 15 km di autostrada, immagino per verificare se io sia un umano o un replicante. 
ed è così che scopro che castellammare oltre ad essere nota per le gallette che mi davano da spugnare quando ho cacciato i denti, ha dato i natali ad uno dei piloti più spericolati del mezzogiorno isolecomprese.
in un tempo che stimo da record arriviamo al pronto soccorso dell'ospedale stabiese, che non solo - e per fortuna- si rivela struttura di eccellenza nella rianimazione, ma che a una rapida occhiata risulta reclutare il suo personale medico ai casting di centovetrine. 
quello che è successo nelle ore successive al mio ricovero, per fortuna non ho la facoltà di ricordarlo, ma i bene informati dicono che sembravo regan la figlia dell'esorcista e che all'acme del delirio, sia stata finanche pronunciata la frasona ad effetto 'passami la lama da 15'.
ma mi sono svegliata tutta intera, credo quindi che quella lama, servisse per sbucciare una pera. 
all'alba ho ripreso conoscenza con la mano stretta a quella di uno dei miei angeli custodi, mano, pare, prontamente lasciata per afferrare quella di un aitante medico che mi si parava dinanzi. 
io però questo fatto non me lo ricordo bene, quindi penso che sia una menzogna per screditare la mia persona.
quello che però mi ricordo è che ho chiesto, al mio rianimatore di fiducia -il suddetto aitante- se fosse sposato, maledicendo poi la sua risposta affermativa.
da quella piccola, cocente delusione, la strada è stata tutta in discesa: riprendo colorito, forze ed allegria, e fino al momento delle dimissioni intrattengo la mia compagna di avventura con amene storie di pesci (sì mamma, i frutti del mare).
ce la siamo vista un poco brutta, insomma, ma direbbe mia nonna: meno male che lo possiamo raccontare.
e comunque gigione, non ti pigliare collera, ma ti tengo un poco per malaugurio.

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