in queste ore una mia amica è in viaggio dall'etiopia e
stringe a se' una bambina dal nome impronunciabile, sua figlia.
eravamo piccole assieme, bellissime seppur molto diverse:
occhi neri e giganteschi io, azzurri e trasparenti lei, testa arruffata e scura
io, seta bionda che le sfiorava il sedere, lei.
centinaia di foto ci ritraggono sorridenti, al collo
laccetti e collanine di mille colori, costumi all'uncinetto, facce che
affondano nei gelati (quello un poco più io, veramente)
stavamo sempre assieme e giocavamo con le bambole. e
giocavamo a fare le mamme come tutte le bambine del mondo, fanno. signora la
sua bambina cosa mangia, guardi il vestitino che le ho comprato, madonna mi fa
disperare.
eravamo cinquenni, il mondo era il nostro, e soprattutto la certezza
che un giorno quelle bambole si sarebbero trasformate in dieci, cento figli
perfetti infilati in famiglie perfette.
a cinque anni non pensi che le cose possano andare
diversamente, ti guardi intorno e vedi mamma e papà che più o meno si
sorridono, che più o meno vanno d'accordo e dici, va bene, per me deve essere
uguale. la felicità sembra così facile da essere afferrata e mangiata a morsi
quando hai quei pochi anni lì.
poi la vita ti fa fare dei giri complicatissimi, dolenti,
frustranti, che richiedono una buona dose di coraggio e di incoscienza. ti
mette di fronte a delle scelte difficili da prendere, ti costringe ad
attraversare dei dolori che mai avresti voluto ti venissero riservati. che mai
avresti pensato di dover affrontare e che sicuramente non pensavi di meritare. però
la cosa bella è che pure se ti tira dei colpi gobbi, questa vita, poi alla fine
un fatto bello te lo regala. e anche se è innegabile che giocare alle bambole
era molto più facile, ti trovi dopo trent'anni
e a fare i conti con una modalità tutta diversa di essere madre, con
un'idea completamente differente di famiglia. surreale, complicata, ma non certo
meno bella. sarà speciale il mio natale, il primo con una bambina perfetta con
mille zii, sarà speciale il suo, il primo con una bambina color cioccolato,
disorientata dalle grida e dall'amore immenso di una famiglia straordinaria. è
vero, dei sogni coltivati da bambine non rimane che un ricordo lontano e
impalpabilissimo, ma la vita è bella lo stesso.
Avrei qualche dubbio sul "non meritare". Ci si merita sempre tutto. Il contadino piange ma raccoglie quello che semina.
RispondiEliminaGentile, anonimo, follower, la sterilità non la merita nessuno, anche se in alcuni casi, convengo, sarebbe necessaria. Comunque ti auguro di passare buone feste in compagnia di gente miserabile come tu sei
EliminaMi è piaciuto quello che hai scritto, e non perché è natale e ci si dovrebbe sentire più buoni. Io che sono passata dal Cicciobello alla sterilità, in un batter di ciglia, mi sono ritrovata in quello che hai scritto. Una sola perplessità.. Quant'è solo quello/a anonimo che il 25 dicembre scrive, dedica ad altrui esseri umani, parole così inutilmente cattive? Poverino/a... tanta solitudine eh? E vabbè, vorrà dire che forse quella persona una famiglia non ce l'ha, amore non ne ha. Forse non se l'è meritata.
RispondiEliminaLa vita è bella e quando l'amiamo ci ricambia, spesso in modi inaspettati ed inusuali. Quel che conta è guardare alla vita con gli occhi dell'anima e del cuore. Ma non a tutti e dato questo privilegio e ne soffrono, si incattiviscono e la vita li ricambia, come sempre, con eguale moneta. Sono Adriana.
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